Incontro sul lungolago di Montefiascone, Immacolata Coraggio, che con la calma cristallina del lago e l'allegria delle sue sponde musicata da un accento campano, mi racconta quel che per lei hanno significato i cammini e a quali mete la stanno portando.
Ho trovato talmente interessante l'ora di conversazione assieme, che non me la sono sentita di sintetizzare.
"Ho cominciato come molti col cammino di Santiago nel 2006 ed è stata un’esperienza scioccante. L’apertura di una finestra su un muro che pensavo compatto. La sensazione che l’idea di paradiso che abbiamo dentro di noi può esistere, e che paradiso significa appartenenza. Il passare da un modello in cui il mondo è qualcosa di separato da te a un altro in cui puoi sentirti parte. Sul cammino di Santiago ci sono persone di tutte le età, ceti sociali, credo religioso, con i passati più strani, personali, che camminano insieme, ognuno coi suoi tempi, modalità, motivazioni e tu ti riconosci fratello con ognuno per il solo fatto di essere pellegrini. È un esperienza molto forte perché rispetto al quotidiano ti dà la possibilità di riconoscersi nell’altro, superare il giudizio dell’altro. Ci si sente completamente sostenuti, in un progetto che sembra eroico, farsi800 chilometri a piedi. Ti fa sentire la potenza di questo sostegno. E poi si impara col corpo. Tutta una serie di lezioni, convinzioni teoriche, come il lasciar andare il superfluo, tornare all’essenziale, rimangono molto mentali di solito, invece con il cammino tutto quello che porti è sulle tue spalle, infatti molti, quando si rendono conto che quello che è nel loro bagaglio non è indispensabile, vanno all’ufficio postale e spediscono i superfluo, che proprio è diventato un peso materiale.
Un'altra cosa che si impara velocemente è far coincidere l’obbiettivo a lungo termine col vivere il quotidiano. Ci sono persone che tendono a programmare, a vivere su un obiettivo futuro e chiudono le porte all’immediato, trascurando la rilassatezza, i rapporti umani. Oppure c’è chi vive straordinariamente il presente ma non riesce a canalizzare le energie in una direzione. Sul cammino queste due cose devono sposarsi per forza, perché noi abbiamo una meta, Santiago o Roma, che però è molto a lungo termine, e se noi siamo focalizzati solo su questo e camminiamoquaranta chilometri al giorno, dopo due giorni arrivano tendiniti, distorsioni, e non ce lo possiamo permettere. Per forza di cose di impara a vivere ogni giorno la piccola tappa. Ti dà un senso di onnipotenza, perché ti rendi conto che se mantieni la meta in testa chiara e ti concedi di vivere ogni giorno prendendo quello che viene, si può andare da qualsiasi parte, senza fatica.
Vissuto tutto questo, ho avuto una visione fortissima, e cioè che lo scopo della mia vita è contribuire a diffondere questo nel mondo, ho visto la terra come illuminata da una ragnatela di luce, che erano tutti gli antichi cammini riattivati. Far sì che il cammino di Santiago non sia l’unico angolo di paradiso".
Immacolata Coraggio |
"Ho cominciato come molti col cammino di Santiago nel 2006 ed è stata un’esperienza scioccante. L’apertura di una finestra su un muro che pensavo compatto. La sensazione che l’idea di paradiso che abbiamo dentro di noi può esistere, e che paradiso significa appartenenza. Il passare da un modello in cui il mondo è qualcosa di separato da te a un altro in cui puoi sentirti parte. Sul cammino di Santiago ci sono persone di tutte le età, ceti sociali, credo religioso, con i passati più strani, personali, che camminano insieme, ognuno coi suoi tempi, modalità, motivazioni e tu ti riconosci fratello con ognuno per il solo fatto di essere pellegrini. È un esperienza molto forte perché rispetto al quotidiano ti dà la possibilità di riconoscersi nell’altro, superare il giudizio dell’altro. Ci si sente completamente sostenuti, in un progetto che sembra eroico, farsi
Un'altra cosa che si impara velocemente è far coincidere l’obbiettivo a lungo termine col vivere il quotidiano. Ci sono persone che tendono a programmare, a vivere su un obiettivo futuro e chiudono le porte all’immediato, trascurando la rilassatezza, i rapporti umani. Oppure c’è chi vive straordinariamente il presente ma non riesce a canalizzare le energie in una direzione. Sul cammino queste due cose devono sposarsi per forza, perché noi abbiamo una meta, Santiago o Roma, che però è molto a lungo termine, e se noi siamo focalizzati solo su questo e camminiamo
Vissuto tutto questo, ho avuto una visione fortissima, e cioè che lo scopo della mia vita è contribuire a diffondere questo nel mondo, ho visto la terra come illuminata da una ragnatela di luce, che erano tutti gli antichi cammini riattivati. Far sì che il cammino di Santiago non sia l’unico angolo di paradiso".
Come si può tradurre questo senso di paradiso nel quotidiano, in cui la meta non è un luogo geografico e non è in comune con gli altri?
"Di fatto tutti i pellegrini con cui sono rimasta in contatto rimangono con una nostalgia insopportabile e il desiderio di mantenere quel senso. Con alcuni abbiamo fatto gli hospitaleros in Spagna ed ora stiamo mettendo su dei corsi per hospitaleros in Italia.
"Di fatto tutti i pellegrini con cui sono rimasta in contatto rimangono con una nostalgia insopportabile e il desiderio di mantenere quel senso. Con alcuni abbiamo fatto gli hospitaleros in Spagna ed ora stiamo mettendo su dei corsi per hospitaleros in Italia.
Il mio passo successivo è stata la via francigena da Canterbury a Roma perché mi sembrava di avvicinarmi al quotidiano. Io ero comunque in cammino, ma non era strutturato, non c’è segnaletica, luoghi di accoglienza per pellegrini, la prima persona che ho incontrato a fare il cammino è stata a Radicofani a dieci giorni da Roma. Da Canterbury lo faranno dieci persone all’anno.
La mia sfida era: se io mi mantengo con lo spirito che avevo sul cammino di Santiago, vediamo se questo è “infettivo”, nel senso positivo del termine, verso il mondo che non è in cammino ma sta vivendo il proprio quotidiano. Ed è stato ancora più potente, perché su tre mesi la metà delle notti ho dormito a casa di sconosciuti. Ho avuto degli incontri di una bellezza, persone che si aprivano semplicemente perché io ero aperta: decidere di deporre le armi fa si che l’altro ti accolga. Ho sperimentato che l’empatia e l’accoglienza sono spontanee, solo che ognuno ha così paura che l’altro sia nemico, ma il primo che depone le armi comunica all’altro la possibilità di imitarlo.
Non c’era una mappa, mi sono studiata un percorso a casa al computer, ho fatto un’ipotesi di tappe ed ho scritto su internet che chi voleva camminare con me era benvenuto. Un amico mi faceva da ponte e dava il mio numero a chi si voleva aggregare. Io mandavo a lui ogni giorno una cartolina con il diario e il motivo della giornata, lui la scansionava e la metteva in rete sul sito. Tra queste persone c’è stato anche un fotografo che mi ha aiutato poi a realizzare una mostra di cento pannelli, uno per tappa. Anche la mostra è stata un tentativo di trasmettere quello che succede fidandosi.
Andando avanti è cresciuta sempre di più la ricerca di fratellanza e mi è venuta l’idea di creare un centro in co-housing, lungo un cammino, che facesse da una parte attività per lo sviluppo dei servizi, cammini guidati, segnaletica, gps, ospitalità, seminari e contemporaneamente fare attività sul territorio di crescita pesonale, spirituale, corsi di cucina internazionale chiedendo agli stranieri di insegnarci la loro cultura. Insomma un centro che possa fungere punto di snodo di questa rete. Perché credo che ci siano oggi i semi della voglia di vivere in modo più amorevole, però siamo disgregati e per questo serve fare rete, e i cammini sono un acceleratore sociale di cambiamento. Anche perché non cambiano la vita solo a chi li percorre, ma anche alle genti che dai cammini sono attraversati. I pellegrini portano un modo diverso di pensare. Perciò ho pensato al centro per mettere assieme le due cose.
I pellegrini fanno da collante, da trasmettitori.
Così ho messo un post sul mio blog proponendo il mio progetto di centro co-housing. Mi ha risposto molta gente, significa che questo desiderio è molto forte. Abbiamo fatto il secondo incontro a Pasqua, a fine maggio abbiamo il terzo incontro e stiamo innanzitutto mettendo su un’associazione e poi stiamo cercando una sede.
La scelta è caduta sulla Tuscia, per la forza del lago di Bolsena, la sua bellezza, il valore archeologico e per il cammino della Dea che il lago mi ha ispirato. Il cammino del lago, che si fa in tre giorni, penso sia un’ottima idea per avvicinare tutti quelli che i cammini non li hanno mai fatti ed hanno così la possibilità di compiere, concludere un cammino con una variabilità di paesaggi e testimonianze storiche, in un fine settimana.
Io il cammino della dea l’ho fatto 13 volte ispirata da un pellegrinaggio giapponese di tradizione zen in cui per raggiungere l’illuminazione bisogna camminare intorno a una determinata isola per 13 volte. Mi ha colpito perché mentre il cammino lineare è rivolto all’esterno, quello circolare rappresenta il guardarsi dentro. Quest’idea di camminare guardando gli stessi sentieri mi è sembrata straordinaria perché se lo scopo di un cammino è quello di fare un viaggio interiore, questo è lo strumento più potente. Allora per diversi motivi ho scelto il lago di Bolsena e nel 2009 ho fatto questo cammino zen. Mi sono resa conto dell’importanza della percezione, come un esterno sempre uguale ad ogni giro ci appare differente, una salita una volta è insopportabile, altre una cretinata, il senso di meraviglia nel riconoscere qualcosa di già noto che assume una bellezza diversa ma forse più forte della bellezza di una cosa che scopriamo la prima volta, il sentire come quello che facciamo poi ce lo ritroviamo, ad esempio quando mi fermavo a mangiare ho preso l’abitudine di pulire il posto dove stavo anche dall’immondizia lasciata dagli altri, perché era evidente che sarei tornata. Quindi non era buonismo era a mio vantaggio che lo facevo. Questo cammino quindi si presta a questo doppio uso: cammino propedeutico o cammino interiore per chi ha sperimentato cammini lineari.
Con l’associazione che stiamo formando abbiamo in programma di sviluppare una rete di sentieri in Tuscia che dia la possibilità di viaggiare senza bisogno dell’auto per andare da un sentiero all’altro. Siamo una quindicina e ci stiamo dividendo i compiti, chi lavora sullo statuto, chi sulla sentieristica, chi sulla sede, chi sul regolamento interno, chi sui progetti da proporre in provincia. Ecco che questo desiderio di portare “Santiago” nel quotidiano si rivela condivisa. Fa parte della natura umana voler essere abbracciati e non minacciati".
Anche il senso dell’abitare cambia con questo progetto…
"Siamo consapevoli dei nostri limiti, quindi non vogliamo fare una comune, ma uno spazio che disponga sì di luoghi in comune come una grande cucina per tutti ma anche di un angolo cucina individuale, un proprio bagno e propri micro-appartamenti. Questo per evitare la paura di venir fagocitati dal gruppo, di dover essere sempre a contatto con gli altri, perchè permette la scelta dei momenti da condividere. Siamo anche tutti d’accordo sul non volere etichette, spirituali, religiose, o ad esempio regimi alimentari a cui aderire a forza, come il veganesimo o vegetarianesimo.
Il gruppo è costituito da persone in situazioni economico-lavorative molto diverse. Ad esempio io ho due anni di tempo per realizzare questo e la mia casa per ora è a Lodi ed ho l’esigenza di trovare la sede qui il prima possibile, ma altri invece hanno famiglia e lavoro altrove che non possono lasciare fino a che il progetto non sarà un po’ più strutturato, e produttore di reddito. Quindi abbiamo concordato una situazione flessibile a seconda delle esigenze e disponibilità di ognuno.
Inizialmente pensiamo di partire per gradi, di vivere in una struttura in affitto con più stanze dove possano vivere i primi elementi stabili, ma che possa anche dare accoglienza ai membri ancora mobili o ai pellegrini o alle attività. Non si può mai sapere, fino adesso i passi che ho fatto hanno trovato strade che io non avrei saputo immaginare e quindi è fondamentale essere aperti e magari salterà fuori la possibilità di trovare quel che cerchiamo. In ogni caso non aspettiamo la sede per avviare l’associazione, perché alcune attività non hanno bisogno di una sede, come quella sui sentieri.
Certo l’obiettivo a lungo termine è comprare e ristrutturare o edificare, ma questo presuppone una fiducia nel gruppo che si ottiene solo col tempo e la conoscenza. E ’ però presto per decidere di vendere la propria casa, lasciare un lavoro.. Ora quello che ci lega è il progetto, questo sogno che ci unisce, nessuno di noi si conosceva prima. Ci sono altre comunità che sono invece partite dalla sede, dal posto, l’hanno preso e cercano persone per far crescere la comunità. Altre ancora sono prima un gruppo compatto e omogeneo e poi cercano un luogo".
Chi sono gli altri?
"Del territorio nessuno, ma diversi innamorati del territorio, come molti che si sono stabiliti qui da altrove perché sentono la magia del posto".
Forse c’è un magnetismo vulcanico…
"Anche i locali che ho conosciuto mi hanno rivelato di sentire spesso il bisogno di tornare non appena si trovano lontani da qui.
Poi c’è uno da Bologna, Pisa, Arezzo, Roma, Venezia…
Ci piace quest’idea di andare avanti ognuno come può. Se devi costruire una cattedrale, una strada ad esempio, se ognuno sta a guardare se il sasso che sta portando l’altro è più piccolo è un casino, perché allora o abbassiamo tutti il limite del livello di impegno e non arriviamo mai oppure si escludono quelli che portano i sassi piccoli, quelli che rimangono fanno per forza più fatica, allora ci sarà qualcun altro che non ce la farà fino a trovarsi solo con i due più forzuti che si trovano a dover fare un lavoro molto più grosso e lungo nel tempo che se avessero accettato chi riesce a portare solo sassi piccoli.
E allora la soluzione secondo me è dire: ci interessa fare questa strada e ognuno porta i sassi che può e nessuno guarda quanti sassi portano gli altri".
Il rischio però è che si rompa il progetto perché c’è chi non fa il massimo, seppur il proprio ma il massimo…
"Ma dovrebbe essere irrilevante perché tanto di fatto nessuno può entrare nella testa di un altro e sapere quanto è il suo massimo, e poi magari l’obbiettivo per l’altro non è importante quanto per te ma non è fondamentale, l’essenziale è che anche quel suo minimo ti aiuti. È complicato perché noi siamo sempre impegnati nel giudizio, ma credo sia la scommessa di questa epoca, il passare dal paradigma della piramide al paradigma del cerchio. E questo deriva dallo schema della carenza, del mondo come gioco a perdita zero… come il pocker dove a una vincita corrisponde una perdita. Ecco questo modello insegna che l’obiettivo di uno non può essere che in opposizione a quello dell’altro, oppure che il compromesso lascia necessariamente i soggetti scontenti, mancanti. Invece i giochi a perdita diversa da zero sono quelli dove o vincono tutti o perdono tutti, come un girotondo, una canzone etc. Qui non c’è compromesso perché più l’altro guadagna più guadagni tu. Si tratta di uscire da uno schema di mondo a risorse limitate, è un paradigma che è a priori dalle applicazioni, centra con l’economia, l’ecologia, i rapporti umani etc".
Ci sono dei testi scritti o degli intellettuali che teorizzano questo nuovo paradigma?
"Sì, “Il calice e la spada” di Riane Eisler che anche dal punto di vista storico affronta il tema della cultura al femminile come cerchio, calice, acqua, accoglienza, cooperazione, contrapposta al maschile come spada, piramide, rapporti di potere.
Poi “Un corso in miracoli”, il mio strumento di crescita da sedici anni, che gli autori dicono di aver ricevuto come canalizzazione, un libro fatto in tre parti, teorica, pratica, e domande e risposte. Quando l’ho visto e deciso di comprarlo inizialmente mi sembrava immondo, con quel linguaggio arcaico, cattolico, per una anticlericale come me era allontanante. Però nell’introduzione ti viene chiesto di fare queste lezioni senza porsi domande, solo vedere cosa succede. Allora ho provato, nonostante questa repulsione sulla parte teorica che mi sembrava così cattolica. Dopo tanti anni sono riuscita a comprendere veramente la parte teorica. È un libro che ti destruttura la percezione della realtà come insieme casuale di individualità separate e ti porta a percepire la realtà come unità costante di cui tu fai parte, un organismo vivo e interrelato. La lezione fondamentale è che tutto è riducibile alla scelta fra paura e amore. E lo capisci sperimentando questi esercizi, non in modo teorico".
Attribuisci una responsabilità di questo libro al percorso che hai intrapreso sui cammini?
"Sì perché mi ha dato un livello di consapevolezza, assieme anche alla medicina naturale, la psicogenealogia e la riprogrammazione psicosimbolica, tutta una serie di percorsi non fisici. Perché questo senso di paradiso è comune a tutti i pellegrini ma non tutti lo vivono con la stessa consapevolezza e conoscenza di sè.
Anzi i cammini hanno questo i più degli altri percorsi di crescita: sono per chiunque, mentre gli altri sono tarati per un certo tipo di persone, invece qui ognuno impara a partire dal suo livello e fa un passo, un avanzamento.
Se c’è uno sciame, un’onda, uno stormo, in ogni istante c’è una goccia, un uccello, un ape, che sta avanti, ma in realtà a muoversi è lo sciame e la posizione reciproca cambia in continuazione, non è una gerarchia, è un movimento globale in cui in realtà chi sta più avanti ha il lavoro paradossalmente più facile, perché vede dove si sta andando, il che è più piacevole, mentre chi sta dietro non vede, ma fa la stessa fatica, quindi la vive con più sofferenza. Chi ci sembra che sia dietro sono quelli che spingono davvero. Chi fa qualcosa di abbietto è il maestro, perché ti insegna quello che non vuoi, che non ti piace, il maestro che vuoi emulare è un limite spirituale perché tendi a voler essere lui. Lo intendo così".
E' una visione che presuppone un'unica direzione...
"Si, certo, un piano. Io sono biologa, ricercatrice. E mi ha aiutato a capire dei meccanismi generali della realtà. In ogni caso qualunque cosa tu studi ti può far arrivare alle stesse conclusioni, che sia fisica quantistica, filosofia, biologia etc. Mi sono avvicinata all’olismo che si rifà al pensiero orientale, ma anche antico occidentale, il microcosmo, il macrocosmo, come anche la teoria matematica dei frattali. Queste unità ripetute sempre più grandi descrivibili come semplici equazioni matematiche ma che sono alla base di cose complesse come un fiume, un albero, una montagna. La filotassi che ripete la paratassi richiama il pensiero che ci sia una logica coerente nel passare dal piccolo al grande e quindi un piano, una struttura, comunque non casuale.
Come scienziato se tiri dieci volte i dadi e viene sempre sei pensi che i dadi siano truccati, quindi io mi definisco una “credente sperimentale” perché come certi fenomeni sono troppo frequenti per attribuirli al caso, la spiegazione più semplice, da rasoio di Occam, è che “i dadi siano truccati”, che ci sia cioè un piano, una regia, che poi non penso sia un creatore separato dal creato.
E’ bello questo periodo storico, in tanti ambiti di studio si sta arrivando a conclusioni in linea con i sapienti, i mistici del passato, il fatto che la materia non esista, ma sia energia, onde elettromagnetiche, che la materia si possa identificare solo statisticamente.
Immacolata Coraggio sul lago di Bolsena |
Tu pensa alla vista, vedi il lago fuori di te, ma è un bombardamento di fotoni che colpisce la tua retina, che manda un messaggio al cervello, il quale elabora questo messaggio e lo rappresenta fuori di se, ma il lago è dentro di te, è uno stimolo sensoriale. Noi riusciamo a farlo solo con una gamma di lunghezze d’onda, poi lunghezze d’onda diverse le percepiamo via via come suono, calore, tatto, altri non li percepiamo per niente ma ci ammazzano, come le radiazioni. Ciò è dovuto ai nostri filtri, incompleti e settoriali, diversi da organismo a organismo. Ogni tanto si può riuscire a sentire come una sinfonia di strumenti, dove ciò che conta è la sinfonia e tu sei uno dei tanti strumenti che la eseguono".
Il 10-11-12 giugno Immacolata ha organizzato il cammino della Dea, una tre giorni attorno al lago di Bolsena, si parte da Gradoli in senso orario, per maggiori informazioni
http://www.bebgattamorena.it/cosabolle.html
Un tratto della via francigena da Montefiascone a Bolsena |
http://www.bebgattamorena.it/cosabolle.html
http://www.pontidiluce.org/ (il sito dell'associazione)
http://www.cesnur.org/religioni_italia/n/newage_02.htm (cos'è "un corso in miracoli")
http://it.wikipedia.org/wiki/Riane_Eisler (su "il calice e la spada")
http://it.wikipedia.org/wiki/Anne_Sch%C3%BCtzenberger
http://www.psicogenealogia.eu/
(sulla psico-genealogia)
viaggio a piedi o in bici come stile di vita
http://www.viafrancigena.eu/
http://www.psicogenealogia.eu/
(sulla psico-genealogia)
viaggio a piedi o in bici come stile di vita
http://www.viafrancigena.eu/
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