lunedì 4 luglio 2011

Pianamola, dove la natura è l'ultima artista


Di nuovo sui Monti Sabatini, a Bassano Romano, per raccontare cos’è Pianamola, tramite le parole di chi ha realizzato questo parco, lo cura, ci si sintonizza e apre le porte a chi voglia immergercisi dentro. Elisa Resegotti, “giardiniera planetaria tra altri mestieri”, com’è stata definita, è una curatrice di parchi con una spiccata sensibilità estetica, provenendo dal mondo del cinema, della fotografia e delle arti visive.
Credo proprio che possa essere una vittoria quando l’artificio del giardino riesce a non mostrarsi fino a farti credere che la natura abbia fatto da sé. Come fa il cinema del resto, che riesci ad illuderci che tutto stia accadendo davvero.
 
Elisa Resegotti
 Anche Pianamola è un performing garden, si possono trovare istallazioni inaugurate con la mostra dell’anno scorso One Minute Tree, ma c’è qualcosa di diverso con La Serpara, descritta altrove. Sarà forse l’esperienza del cinema, un’arte che si muove nel tempo, che dà ad Elisa Resegotti una prospettiva di durata e mutamento nel concepire e definire l’opera artistica: la natura si fa complice e alleata dell’atto creativo e del progetto umano,  per l’opera mutante che è il paesaggio. Così anche un’istallazione qui sarà concepita non solo per avere la natura come contesto, ma come collaboratrice nel tempo. Tronchi d’albero sfonderanno e sublimeranno un letto d’ospedale, ragnatele di ghiaccio coleranno da un albero bionico, il passare delle ore e delle stagioni farà di una lastra specchiante un quadro vivo. 
La casa è una tana nel giardino

A volte i ruoli si invertono anche, è Elisa a rispondere alle sollecitazioni della natura, che magari fa spuntare una salvia nemorosa, o una silene, o un verbasco, e lei ne raccoglie i semi come un consiglio, li toglie alla balìa del caso e ne fa elemento del disegno.
Pianamola non puoi vederla tutta assieme, puoi viverne le stanze a cielo aperto e stupirti a scoprire cosa c’è oltre quella o l’altra quinta, fino ad illuderti di capire il piano quando arrivi alla stanza che ti getta nell’orizzonte, ma è come la vita, non la puoi capire finché ci sei dentro.



  Non c’era niente qui, quando abbiamo comprato il terreno, hanno lasciato solo qualche quercia e il resto l’hanno spazzato via con le ruspe. E’ rimasta solo terra smossa, hanno sotterrato le pietre. Insomma quel che qui si dice “fare pulizia”. Il che è folle, vuol dire stravolgere il territorio, il paesaggio, l’armonia, la natura. È passata la voce che le querce servono, ma tutto il resto via.  Anche il fatto di spostare tutte le pietre come hanno fatto e metterlo in una sola buca significa che il terreno non si regge più su quelle pietre e diventa franabile, per cui cambia la consistenza e diventa pericoloso. All’inizio quando tagliavamo l’erba, se arrivava un temporale, si creava un torrente. È successo a me e la valanga è scesa in strada, come è successo al mio vicino sopra ed ha rovinato tutto il primo impianto di prato.Allora mi sono impuntata, nonostante l’ostilità degli operai a seguire le mie indicazioni ed ho fatto fare delle canalizzazioni diagonali così che l’acqua facesse dei piccoli torrentelli e non più le voragini.  Poi abbiamo dissotterrato le pietre e le abbiamo utilizzate per costruite le scarpate, dei terrazzamenti dolci.
Il progetto è stato frammentato, perché il terreno è stato acquistato in tre fasi, e ci sono stati molti limiti per questo, ma il dover sfruttare al meglio ogni piccola parte ha permesso di trovare le specifiche potenzialità. Se avessi avuto però fin dall’inizio una visione globale di un giardino così aperto sul paesaggio, avrei fatto certi interventi diversamente. Quindi insomma sono le limitazioni che hanno portato una divisione così, a piccoli angoli, e adesso li apprezziamo, ce li stiamo godendo.
L’idea è stata sempre di sfruttare al massimo la vista, la rocca romana, il bosco ceduo di castagno, il lago di Bracciano, con Anguillara e Bracciano paese. Se il cielo è terso si vede anche il mare.
Quando siamo arrivati la prima cosa è stata prenderci il tempo in alcune parti per lasciar ricrearsi una flora spontanea, perché vicino c’è il bosco.  Abbiamo però anche piantato una serie di alberi, anche con degli spostamenti successivi per rimediare ad errori nostri o di altri. Ad esempio abbiamo piantato alcuni alberi troppo vicini, oppure chi era qui prima di noi aveva allevato degli ulivi a siepe, mentre loro vogliono molto spazio. Non ci siamo voluti attenere strettamente alle specie locali, infatti abbiamo qui la mimosa, il bosso.

La grande quercia è la scena di un teatro

Il centro spirituale della parte nuova è questa grande quercia, che ovviamente era già qui, e questa grande pietra ai suoi piedi, davanti al quale abbiamo costruito un anfiteatro, dove proponiamo performance, tavole rotonde... ma un po’ tutto il giardino è pensato in modo da creare delle quinte naturali, di modo che non si veda cosa c’è dall’altra parte.
Questa è una dauta carota secca, che io lascio perché l’inverno creano con la brina e con la neve dei meravigliosi effetti.  I giardini tutti li vanno a visitare in aprile e maggio, ma questo giardino è bello sempre, perché intanto ha fiori spontanei tutto l’anno e poi c’è lo studio che abbiamo fatto per i nostri impianti, perché tutto l’anno ci sia qualcosa di fiorito. Anche senza fiori, la brina, la neve, le gocce di rugiada, creano delle composizioni che solo una fantasia sfrenata riuscirebbe ad eguagliare.
Quest’impianto di mimose, specie esotica e invasiva, mostra però che se tenuta sotto controllo può diventare anche un’istallazione artistica, vedi ha un effetto grafico potata in questo modo, si staglia sul verde scuro del lauroceraso e poi regala una fioritura meravigliosa. L’hanno scorso ho organizzato una mostra, One Minute Tree,  con artisti italiani e stranieri perché vedessero Pianamola e progettassero istallazioni dedicate. L’inverno prossimo un’artista polacca utilizzerà queste mimose per una sua istallazione. Ma già l’architetto Valerio Ro ha utilizzato quest’impianto sottolineando il movimento che gli ho dato con un filo rosso.
 
Cosa sarà delle tracce di un fuoco?

Di solito lascio gli sfalci e i residui di potatura decomporsi, ma con le mimose non avrei potuto, vista la loro tendenza infestante. Così quest’inverno li abbiamo bruciati i resti ed era venuto sù un vulcano vero e proprio, sai a cono, magnifico. Subito dopo è venuto giù un temporale e col tempo il monte di cenere si è appiattito. Adesso quindi c’è quest’istallazione vegetale, un “vulcano spento”, ma si vede ancora il cerchio di cenere. La considero un’istallazione naturale e voglio osservare come reagirà a questo la vegetazione, la cenere cambia la composizione del terreno, le erbe saranno diverse o avranno un’altra vigoria. Un’istallazione è anche aspettare e vedere cosa succede, non solo portare del materiale.
Questo è il verbasco, io li conservo tutti, sono dei monumenti naturali, meravigliosi. Vedi la silene, col fiorellino bianco, sono uscite spontanee ed io le ho fatte diffondere vicino alle lavande. Ho una bella collezione di cisti. Questo era “l’albero bionico”.  Questa parte che dà sul panorama è costruita in modo da dare la sensazione di rotolare proprio verso il lago. C’è una parte più mediterranea, con molti arbusti.
Qui, a differenza delle altre parti dove si privilegia la flora mediterranea, le specie autoctone e gli alberi da frutto, è “l’angolo della memoria”. Fino ai diciotto anni andavo in campagna vicino Torino a casa della nonna, col giardino formale, l’orto. Poi mio fratello che ha preso la casa, ha voluto modificare l’assetto e ogni volta mi chiedeva se volessi le bergenie, gli amarilli, le ortensie.. e così mi portavo dal Piemonte queste sporte piene di cose.
Questa invece  è la celebrazione dell’azzurro in tutte le stagioni, comincia con la vinca major, iris e lavande, salvia nemorosa, cresciuta spontanea. Anni fa erano solo due tre, io le ho lasciate riprodursi.
Questa parte a parere di molti rimane unica, una composizione di pyracanta e cipressi.
Nella parte bassa ci sono i lecci. Questo albero, un cedro, da vittima della nostalgia, l’ho piantato per celebrare la mia infanzia, ma è stato un errore perché sfonderebbe tutto se continuo a lasciarlo crescere. E allora ho deciso di bandire un concorso con un comitato scientifico per trasformarlo. Se verrà prima abbattuto o meno sarà da decidere, oppure si potrà  intervenire con potature sperimentali, interventi forti.

sconvolgente e intensa l'istallazione di Krzystof Bednarski

Questi alberi li ho piantati io con l’intento preciso di avere un bosco da gestire con giochi di simmetrie e asimmetrie, con un occhio fotografico. A seconda del punto di vista ora danno l’impressione di viale, di danza,  del cerchio.

Sono venuti molti curiosi ma non è detto che chi venga capisca il senso di questo posto. Qui attorno ci sono giardini consigliati dai geometri dove si impiantano due alberi di questo, due di quello come soldatini, poi le piante che offrono i vivai, sono le solite petunie, viole del pensiero, tagetes, che per carità va benissimo però io lavoro sul recupero dello spontaneo, sulla costruzione dello spontaneo. La maggior parte dei visitatori, quelli che hanno già questa sensibilità si sono innamorati di Pianamola, ma altri se non hanno una conoscenza botanica minima, cercano i colpi di colore, ti chiedono subito dove sono le rose.
Qui il lavoro è stato creare angoli segreti, affacci e prospettive che arrivano lontano fino al mare. C’è tanto disegno, una progettazione di volumi, equilibri, su un dislivello notevole, abbiamo creato circa diciotto livelli.
Vedi  le ortiche? Le tengo in grande considerazione perché sono il segno di grande equilibrio del terreno. Anche queste euforbie che adoro sono spontanee, identiche pensa ad altre che ho preso in vivaio e pagate tantissimo e non sono cresciute bene come le spontanee.
Qui ho fatto un piccolo investimento in rose da collezione, una perle d’or, e una mortimer sullivan, inglese e…carissima. E’ resistente, non va potata molto, giusto sbocciolata.

Ho voluto così riportarvi le parole che mi hanno guidata in un pomeriggio a Pianamola, appassionata la donna che le pronunciava e loquaci  le fronde che si agitavano al vento danzando in un cielo terso di primavera.


L'orto a cassettoni, comodo, bello e antilumaca
 
campo da bocce meditativo
  



Collage imperfetto di un amore fra cipressi e pyracante



Elisa Resegotti.
 Oltre ad aver distribuito e prodotto film per molti anni ha curato mostre in Italia e all'estero e tra le più rilevanti citiamo "Sulle strade di Kiarostami", allestita nel 2003 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e in seguito in importanti musei in tutto il mondo. La collaborazione con Kiarostami, vero paladino della "forza del paesaggio", continua a tutt'oggi e l'artista iraniano ha appena terminato un video per One Minute Tree.
 

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